RIFLESSIONI
“Il valore di una persona risiede in ciò che è capace di dare e non in ciò che è capace di prendere.” (Albert Einstein) e, ancora “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le Nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato…… parlare di crisi significa incrementarla e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.” (Albert Einstein)
Nei primi giorni di quarantena, come molti italiani, dopo aver riflettuto sul da farsi restando in casa …e aver declinato le attività, mi sono dedicato a diverse letture. Dapprima testi leggeri, ma poi, man mano che aumentava la voglia del sapere, ho letto qualche testo più impegnativo: Il mondo come lo vedo io di Albert Einstein 1931, le cui citazioni sopra riportate sono state attinte.
E mai citazioni mi sembrano più appropriate in questa fase storica investita da una recessione economica e finanziaria, ma anche morale e psicologica, a cui non si assisteva dagli anni del dopoguerra. Una crisi che ha coinvolto anche la nostra individualità facendoci sentire vulnerabili, sfiduciati, angosciati. Ci siamo resi conto di non essere immortali, ci hanno bombardati di notizie confuse e contraddittorie, ci siamo sentiti traditi, ingannati, offesi e violentati nel più elementare senso civico. E anche la resilienza ci ha abbandonati.
Poco prima della pandemia, ero stato a Bergamo, raccolto in quei valori familiari che la nascita di una bimba (nipotina) può generare. Ebbene da persona intuitiva quale mi ritengo, ho capito subito che sarebbe stato un momento indescrivibile e di rara emozione. Gradualmente, di ritorno al sud, mi sono affidato a letture gradevoli e dense di contenuti che sembravano il presagio di quanto stava accadendo in quei giorni. Mentre continuavo a leggere mi emozionavo e mi sentivo più leggero; ho ripercorso, come d’incanto, i miei anni da studente di studi economico/finanziario, ribelle e riformista come un “sessantottino” doveva essere: un po’ spavaldo ma sempre curioso e attento al nuovo e all’originale. Mi sono reso conto di quanto le sovrastrutture mentali, nel corso degli anni, avessero “ingabbiato” lo studente sognatore che era in me, vigile e presente e che aspettava l’occasione propizia per mettersi in gioco e sentirsi liberato.
Mentre incertezze e confusione alimentavano lo stato di angoscia delle persone, come un guerriero portatore di luce e a seguito della perdita di un caro amico VOLONTARIO ROCCO, ho trovato la medicina all’isolamento, la possibilità di riemergere dal baratro con la consapevolezza che un mondo nuovo sarebbe stato possibile. Mi sono affacciato al silenzio assordante delle strade e ho decifrato che, io volontario di protezione civile, dovevo aiutare chi in quelle “quarantene” di bisogno, necessitava di un modesto e umile aiuto!
Ma ogni volta che rientravo a casa, nel mio studio, mi immergevo nelle letture di tematiche in linea con i nuovi modelli di sviluppo e i nuovi paradigmi che oggi si stanno sviluppando. La pandemia ne ha accelerato la fattibilità e la consapevolezza. In molti testi di economia etica, circolare, green, gli autori esortano al cambiamento con il ritorno al senso di “civis” ed espongono metodi e tecniche legati ad un moderno concetto di comunicazione. Oggi, affermo che questo è un diktat per tutti coloro che vogliono reagire ed agire in modo proattivo, propositivo, efficiente, proficuo, coerente, dignitoso.
Noi italiani abbiamo un’identità debole, sfocata. Quanto ci divide è ben più di quel poco che ci unisce. Dipende, naturalmente, dalla storia che ci ha divisi in corporazioni; dalla frattura, mai sanata fra il Nord e il Sud del nostro territorio; dalla politica rissosa che rappresenta il solo lascito della cosiddetta Seconda Repubblica.
Che rimane allora? Dov’è il filo che ci lega? Lo abbiamo capito durante il lockdown, quando abbiamo rivestito i nostri balconi con le bandiere del tricolore; quando abbiamo suonato e cantato in città deserte e surreali …..miracolo senza partite di calcio; quando abbiamo rivisto la natura riprendersi i suoi spazi in tutto il suo splendore. In quel momento ci siamo riappropriati del nostro senso di appartenenza ad un Paese unico al mondo per le sue bellezze.
Persino la Carta Costituzionale italiana, sebbene andrebbe aggiornata, è una sorgente di bellezza, oltre che la prima fonte del diritto; c’è una dimensione estetica che vibra negli articoli di legge; c’è un’idea del bello che a sua volta è figlia della nostra tradizione. La cultura italiana riecheggia ai quattro angoli dell’edificio costituzionale. Non potrebbe essere altrimenti dato che quegli uomini e quelle donne costituenti erano più colti (e di gran lunga) dei politici attuali.
Il periodo ’46-’48 è caratterizzato da una transizione accelerata per i forti mutamenti esteri. Partendo dall’imperativo supremo della pacificazione, i nostri costituenti si impegnarono nella progettazione di uno Stato il più garantista possibile, a discapito delle idee ispiratrici di bellezza e di cultura. Garantismo che oggi, per impreparazione, vacilla!
Dobbiamo tornare al senso originario e rivitalizzare la nostra persona e la nostra vocazione con l’idea di bellezza che si traduce in tutte le sue forme in genio creativo.
E’ il momento di risorgere dalle nostre ceneri come arabe fenici; di esaltare le cicatrici con sottili unguenti profumati attingendo dalla filosofia orientale del Kintsugi (l’arte di rendere preziose le “ferite”. La concezione estetica asiatica, sviluppata nell’arte e nella filosofia orientale, si basa soprattutto sull’osservare le esperienze che viviamo con uno sguardo aperto, dolce e contemplativo); è il momento di dare una svolta definitiva al passato, e di proiettarci verso un futuro che, pur incerto e vulnerabile, è ricco di nuove opportunità per chi ne saprà cogliere la vera essenza; è il tempo di parlare non più di globalizzazione ma di universo.
“La passione in tutto. Desidero le più lievi cose perdutamente, come le più grandi. Non ho mai tregua”. Con la famosa citazione di D’Annunzio voglio concludere la mia riflessione che segna un punto di partenza verso una società più consapevole e responsabile; verso un’economia che darà spazio a tutte le innovazioni che non si traducono in semplici e pure “imitazioni” perché ogni prodotto/servizio dovrà essere permeato da qualcosa che lo rende unico e irripetibile.
Non siamo abili comunicatori e bravi finanzieri come i Francesi; non siamo precisi e bravi guerrieri come i Tedeschi, ma le maestranze, le fantasie, le culture, quelle no, appartengono agli Italiani e, per favore, guai a chi ce le tocca. In qualsiasi parte del mondo c’è un pezzo d’Italia che dovrà tornare presto a diventare Faro del Mediterraneo e di tutta l’umanità. Una, Italia unica e indivisibile: senza Nord e Sud!.
Bari, 13 maggio 2020 Madonna di Fatima
Il Presidente Volontario
Giacomo Pellegrino